“Oggi sarebbero stati 80 anni per Carlo Monni, ma voglio ricordare che lo scorso 23 maggio erano anche 10 anni dalla sua scomparsa.
L’ho voluto ricordare in Consiglio comunale – spiega il consigliere delegato per la valorizzazione della fiorentinità Mirco Rufilli – per il suo compleanno, per ricordarlo, festeggiarlo e omaggiarlo per il grande talento che è stato.
I’ Monni, come tutti noi affettuosamente lo chiamiamo, è stato un campigiano DOC e ci teneva tanto a ricordarlo con i famosi Champs sur le Bisence ma ha rappresentano, senza alcun dubbio, sia nel cinema che in teatro, un punto di riferimento di toscanità pura, quella toscanità senza fronzoli, senza ricami, con quell’ironia a tratti malinconica tipica nostrana.
Era legatissimo a Firenze e l’ha raccontata nelle profondità del suo essere, l’ha interpretata e rappresentata con le sue incursioni artistiche.
Penso doveroso rendergli omaggio per tutte quelle pietre miliari che ci ha lasciato, partendo dal suo sodalizio iniziale con Benigni che dette vita non solo a quello spaccato bellissimo sulla provincia che è “Berlinguer ti voglio bene” di Giuseppe Bertolucci, ma anche a tutti gli sketch che insieme hanno prodotto all’inizio delle loro carriere.
Lo ricordiamo come Gino alle prese con il puntale dell’albero di Natale in “Benvenuti in casa Gori” di Alessandro Benvenuti dove ci racconta “che un albero di Natale senza i puntale l’è come una frittata senz’ova!”.
Oppure come Vitellozzo nella commedia capolavoro di Troisi e Benigni “Non ci resta che piangere” e ancora come l’uomo che russa e che quando russa sogna, e sogna un uomo che russa… in “Caruso Pascoski” del compianto Francesco Nuti.
Monni ha lavorato con i grandi del cinema: Monicelli, Pupi Avati, Paolo Virzi.
Benigni all’ultimo saluto, al teatro di Rifredi, disse che il Monni era il più grande, e che tutti gli altri, compreso lui, erano solo suoi comprimari.
Monni – conclude Mirco rufilli – ha conquistato il pubblico grazie al suo modo affabile, disponile, mai scontato perché oltre ad essere un grandissimo artista era davvero una brava persona, di cuore.
Si è meritato tutto quello che gli è stato dedicato negli anni, dalla panchina, al teatro di Campi Bisenzio, fino alla nostra fermata della tramvia Cascine dove amava passeggiare.
Lo voglio ricordare proprio lì, una delle ultime volte che l’ho incrociato, mi veniva incontro lo salutati con un: “Carlo! Come tu sei bello stamani!”. E lui con la sua solita ironia sospirò e mi disse: “Buongustaio!”. Tanti auguri Carlo”. (s.spa.)