Cerimonia, questa mattina, presso la stazione di Santa Maria Novella
“Lo scorso 13 febbraio, come ogni anno, l’amministrazione di Firenze, con il Gonfalone – spiega il presidente del Consiglio comunale Luca Milani – ha partecipato alla ricorrenza della morte del Sindaco Mario Fabiani al cimitero di Trespiano.
Il 28 novembre 1946 in Palazzo Vecchio, in una Sala de’ Dugento gremita di pubblico, il comunista Mario Fabiani viene proclamato Sindaco, il primo votato da un Consiglio comunale, eletto democraticamente a suffragio universale e con sistema proporzionale, dopo il secondo conflitto mondiale, il crollo della dittatura fascista, la nascita della Repubblica. La storia di questo grande sindaco si intreccia però anche con la ricorrenza di oggi.
Durante la guerra, il Tribunale Speciale fascista condannò Fabiani a ventidue anni di carcere ne scontò nove, dal 1934 al 1943.
Quando fu di nuovo libero, gli venne affidato il compito di seguire la situazione delle fabbriche. Quando l’11 settembre 1943 Firenze fu occupata dai tedeschi, il Comitato Toscano di Liberazione Nazionale (CTLN) entrò in clandestinità.
Parallelamente il movimento clandestino nelle fabbriche, colpite nel dicembre 1943 da una raffica di licenziamenti, specialmente ai danni di coloro che avevano rifiutato il trasferimento al Nord, si preparava per la sua prova più impegnativa: il grande sciopero del 3 marzo 1944. Quasi tutti gli stabilimenti cittadini furono bloccati dallo sciopero: Manifattura Tabacchi, Galileo, Pignone, Ginori, Superpila, Vallecchi e tanti altri siti produttivi minori. Le sigaraie, coraggiosamente, si posero in testa allo sciopero, e gridarono in faccia a Raffaele Manganiello, ex gerarca fascista nominato il 1º ottobre 1943 capo della provincia di Firenze: “Abbiamo fame, vogliamo la pace, e non vogliamo che i nostri figli siano mandati a morire per Hitler!”.
Quello sciopero – continua Luca Milani – costerà molto caro.
Da quell’8 marzo del 1944 un filo di dolore unisce Firenze e Mauthausen dove era attivo dal 1938 il campo di concentramento nazista con i suoi campi satellite di Ebensee e Gusen. Un treno merci carico di toscani, frutto delle retate dei repubblichini fascisti dopo gli scioperi nelle fabbriche della provincia di Firenze e in altre zone della Toscana, partì per un destino atroce verso uno dei campi più feroci dei nazisti. Molti non tornarono. Su 342 persone solo 63 sono riuscite a tornare e nonostante fossero di nuovo a casa, l'inferno che avevano vissuto ha cambiato irrimediabilmente la loro vita.
Tra i pochi che fecero ritorno – ricorda infine il presidente del Consiglio comunale Luca Milani – c’era Mario Piccioli, che quel filo, insieme agli altri sopravvissuti fiorentini, non volle tagliare ma volle farlo diventare un percorso di memoria e di pace. Su questa strada cominciarono i viaggi della memoria che l’Aned di Firenze da allora sta portando avanti con migliaia di studenti delle scuole medie, che ogni anno percorrono la strada ricordando chi fu deportato.
Come si riannodano i fili di una storia così drammatica, come trovare pacificazione nella consapevolezza però di quanto accaduto?”. (s.spa.)