Luca Milani (Presidente del Consiglio comunale di Firenze) ha ricordato la Festa della Toscana

“La situazione delle nostre carceri non siamo stati in grado di migliorarla e ricondurla da un luogo di pena e punizione ad un luogo di cambiamento, di trasformazione positiva dell’uomo”

In apertura del Consiglio comunale il presidente Luca Milani ha ricordato come “La Regione Toscana, ormai da 20 anni, il 30 di novembre, ricorda l’abolizione della pena di morte avvenuta con la pubblicazione della legge penale del 1786 voluta dal Granduca di Toscana Pietro Leopoldo, primo esempio nel mondo a decretare la fine della pena capitale. La Festa della Toscana è la solenne occasione per meditare sulle nostre radici e sull’evoluzione o involuzione della nostra società.

Il 30 novembre 1786, pertanto, non rappresenta solo una data fondamentale per l’antico Granducato di Toscana o di interesse per gli storici, ma è il primo giorno di una storia nuova per tutti gli uomini, dal 1700 ai nostri tempi. Fu il principio di una rinnovata vita per l’intera umanità, una vita che nacque lungo le sponde dell’Arno.

L’Art. 51 del codice Leopoldino o “della riforma criminale” riporta: “...avendo altresì considerato, che una ben diversa Legislazione potesse più convenire alla maggior dolcezza, e docilità di costumi del presente secolo, e specialmente nel popolo Toscano, Siamo venuti nella determinazione di abolire come Abbiamo abolito, con la presente Legge, per sempre la Pena di Morte contro qualunque Reo…”. Con l’abolizione della pena di morte – ha ricordato il presidente del Consiglio comunale Luca Milani – aveva anche termine l’uso della tortura e della mutilazione delle membra. E continua con “… il Governo nella punizione dei delitti… è tenuto sempre a valersi dei mezzi più efficaci col minor male possibile al Reo; che tale efficacia, e moderazione insieme si ottiene più che con la Pena di Morte, con la Pena dei Lavori Pubblici…”.

Non solo si afferma anche “l’oggetto della Pena deve essere la soddisfazione al privato ed al pubblico danno, e la correzione del Reo, figlio anch’esso della Società e dello Stato”.

Dovremmo fare quindi una profonda riflessione rispetto a questo passaggio: “la correzione del Reo, figlio anch’esso della Società e dello Stato”; siamo sicuri che i valori della nostra società siano ancora indirizzati ed ispirati al principio della correzione del Reo o piuttosto alla sua segregazione e costrizione?

Il Reo non è più considerato un soggetto della Società e dello Stato quanto piuttosto un elemento dannoso, pericoloso che deve essere isolato e marginalizzato a tutela della sicurezza degli altri. Rinchiuso, in luoghi malsani, sovraffollati, nei quali è impossibile effettuare alcuna opera di cambiamento e di redenzione.

La situazione delle nostre carceri la conosciamo e purtroppo nonostante i buoni propositi e gli sforzi profusi non siamo stati in grado di migliorarla e ricondurla da un luogo di pena e punizione ad un luogo di cambiamento, di trasformazione positiva dell’uomo. Nelle carceri italiani stiamo assistendo ad un suicidio ogni 4 giorni, nei primi 10 mesi dell’anno sono 74 i suicidi. Il pensiero non può che andare anche al nostro carcere fiorentino dove si registrano dall'inizio dell'anno quattro detenuti che si sono suicidati. Tutti molto giovani l’ultimo (20 novembre u.s.) aveva 42 di origine marocchina, prima altri due suoi connazionali si erano suicidati: uno, 29 anni, il 13 ottobre scorso, l’altro, 26 anni, soccorso dopo essere impiccato nella sua cella a settembre, era poi morto dopo alcuni giorni in ospedale. Risale invece all’8 luglio il decesso di un italiano, trovato anche lui impiccato nella cella.

La carenza di educatori, personale sanitario, mediatori culturali diventa un problema fondamentale dal momento che nelle carceri – ha concluso il presidente del Consiglio comunale Luca Milani – è altissima l’incidenza di detenuti con problemi psichiatrici e questo rende complicato e anche pericoloso il lavoro del personale della polizia penitenziaria

Le occasioni come quella del 30 novembre che siano di stimolo per una reale presa di coscienza per far sì che questi nostri e importanti valori non vadano dispersi, ma trovino reale attuazione nella vita carceraria”. (s.spa.)

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