Una delegazione delle scuole di lingua e cultura italiana per stranieri è stata ricevuta dal vice presidente del Consiglio comunale Emanuele Cocollini. Le disposizioni in materia di sostegno economico per le attività che hanno subito uno stop a causa delle misure anti-Covid previste dal DPCM del 24 ottobre 2020 trascurano totalmente il settore della formazione linguistica in Italia, ed in particolare il settore dell’organizzazione dei soggiorni linguistici in Toscana.
“Tutte le scuole di italiano per stranieri presenti nel nostro Paese – ricorda il vice presidente del Consiglio comunale Emanuele Coccolini – rientrano fra le aziende che hanno avuto perdite di fatturato fra il 70% e il 95%. Ho incontrato volentieri i rappresentanti del Comitato toscano Alessandro Borrani (Presidente), Silvia Celli (Vice Presidente) e Andrea Moradei (Segretario). Nonostante il settore sia in questo momento “aperto”, di fatto è chiuso perché, operando solo con clientela straniera, gli studenti non ci sono e la didattica a distanza non è un’alternativa praticabile. Ricordo – aggiunge il vice presidente del Consiglio comunale Emanuele Cocollini – che Firenze ospita numerosissime scuole per stranieri, gli studenti delle quali, oggi assenti, costituiscono una fetta rilevante del turismo scolastico in città”.
Ad oggi, se ci limitiamo alle sole scuole LICET e ASILS, le associazioni della categoria, sono a rischio oltre 1.000 posti di lavoro. Nonostante siano stati sollecitati numerosi esponenti dei Ministeri (MIUR, MIBACT) nessuno si è fatto carico di un comparto che nel 2019 valeva 190 milioni di euro. Tutto il settore necessita di un intervento in forma di contributi a fondo perduto.
Lo scorso Novembre è stato costituito il Comitato toscano per la salvaguardia delle scuole di lingua e cultura italiana e per la promozione del turismo culturale e di qualità.
“Queste scuole – conclude il vice presidente Emanuele Cocollini – sono ferme dalla fine di Febbraio 2020 e in questi mesi si sono rette nella maggior parte dei casi unicamente con la liquidità rimasta a loro disposizione dall’attività didattiche dell’anno precedente, a parte l’aiuto offerto dalla Cassa integrazione. Non essere rientrati in questi provvedimenti, significa per molti cessare l’attività e chiudere scuole che operano da più di cinquant’anni. L’obiettivo immediato è quello di richiedere nuovi interventi da parte del Governo per contributi a fondo perduto, per una categoria professionale sinora completamente ignorata”. (s.spa.)