"In merito alla questione della moschea siamo tutti concentrati sul tema del "dove".
C’è uno sfratto in corso che stamani ha avuto l’ennesimo rinvio, il quarto se non mi sbaglio. Non entro nel merito di questa scelta anche se la comunicazione che ha preceduto la cosa pareva annunciare iniziative di segno opposto. Ma non è quello il punto, anche se la proprietà dell’immobile deve avere garanzie precise su un rientro in tempi rapidi del possesso del proprio bene.
Il punto vero è che nella città di Giorgio La Pira e del dialogo si fa della moschea solo una questione di spazio. Non di confronto. E se è solo questione di spazio mi chiedo come è stato possibile in tutto questo tempo non avere trovato alcun immobile da affittare. Se in piazza di Ciompi si pagava un canone di circa 3.000 euro mensili e se il numero di religiosi musulmani che la frequentano è nell’ordine dei 30.000 dichiarati (e quindi le disponibilità economiche potrebbero essere persino maggiori) com’è che non si è trovata alcuna soluzione? Non sarà che la comunità intende e pretende solo e soltanto un immobile nel centro storico? E Se fosse così dovrebbe essere lo Stato e nella sua articolazione il Comune a soddisfare tale pretesa?
Torniamo al tema del confronto, che dovrebbe venire prima del tema dello spazio. Come scriveva Padre Lanzetta, il dialogo con l’Islam, auspicabile e nobile, non può però principiare dal permettere la costruzione di una moschea. Deve invece iniziare da valori condivisibili a livello naturale (che è ciò che veramente ci unisce, mentre le fedi ci separano), dai diritti naturali dell’uomo, dalla libertà religiosa, dalla pari dignità tra uomo e donna, dalla necessità di distinguere la sfera religiosa da quella politica, per non rischiare di scadere facilmente in un fondamentalismo politico ammantato di religiosità. Partire invece dalla moschea è come iniziare la costruzione di una casa dal tetto anziché dalle fondamenta. La Comunità Musulmana come risponde?
E ancora: il patto nazionale per un Islam italiano siglato nel 2017 con le più importanti associazioni e comunità musulmane prevede che vengano resi pubblici nomi e recapiti degli imam, che i predicatori vengano debitamente formati, che i sermoni del venerdì nelle moschee siano svolti in italiano e che si crei la massima trasparenza nei finanziamenti ricevuti dall’Italia e dall’estero per la gestione e la costruzione dei centri di preghiera islamici. La comunità fiorentina aderisce al patto o no? Perché i musulmani non riescono a firmare un’intesa con lo Stato italiano che darebbe loro, tra l’altro, la possibilità di accedere alla contribuzione volontaria delle persone?
Affrontiamo la questione in modo trasparente. Senza limitarla colpevolmente a una questione di metri quadri".
Questo l'intervento del consigliere comunale e coordinatore cittadino di Fratelli d'Italia Jacopo Cellai
(fdr)