È stato presentato in Sala Firenze Capitale in Palazzo Vecchio il nuovo libro di Francesco Mandarano: “Vita e gesta di Bruno Fanciullacci”. Che abbraccia il periodo fra il 1939 e il 1942, in cui Fanciullacci era rinchiuso nel carcere di Reggio Emilia.
Alla presentazione hanno partecipato il presidente del Consiglio comunale Luca Milani e sono intervenuti il consigliere delegato alla valorizzazione della fiorentinità Mirco Rufilli, la professoressa Alessandra Campagnano, il rappresentante della sezione “Oltrarno” dell’A.N.P.I. Pietro Bartolini oltre all’autore.
“Una testimonianza preziosa di un grande lavoro di ricerca storica e d’archivio. Il libro di Francesco Mandarano – spiega il presidente del Consiglio comunale Luca Milani – è un grande regalo a tutta la comunità fiorentina. Ieri, 17 luglio, abbiamo ricordato l’eccidio di piazza Tasso ma è anche la data della morte, nel ‘44, di Bruno Fanciullacci. E proprio stamani abbiamo ricevuto la triste notizia della morte di Leandro Agresti. Con la presentazione di questo libro ricordiamo anche il partigiano “Marco”, uno degli ultimissimi testimoni di una riscossa che una parte della popolazione ebbe contro il regime fascista. Nel libro di Mandarano si dà anche un giudizio netto sul ruolo che ha avuto la monarchia in Italia che non solo non è stata indifferente ma l’ha addirittura agevolata. Dobbiamo per questo dare ancora più valore al pezzo di storia che è venuto dopo con la scelta del sistema repubblicano e democratico che nasce sui sentieri della Resistenza. Iniziamo con oggi il percorso che ci porterà all’11 agosto, ricorrenza della liberazione di Firenze”.
“Non è solo un libro che racconta la storia di Bruno Fanciullacci ma anche quella di una mamma che con grande sofferenza chiede ai suoi aguzzini di curare Bruno, Bruno che solo ventenne era prigioniero e veniva torturato ogni giorno. Fanciullacci – aggiunge il consigliere delegato alla valorizzazione della fiorentinità Mirco Rufilli – è stato uno dei personaggi simbolo della rRsistenza d’Oltrarno, ma è sicuramente una delle figure simbolo di tutto quel periodo storico per tutta la città di Firenze”.
“Nei suoi confronti – scrive l’autore – il fascismo applicò il metodo della ‘morte a dosi”.
L’opera, scrive nella presentazione Francesco Venuti, “è la rievocazione del calvario di un militante antifascista, un atto d’accusa a tutte le dittature e una messa in guardia da ogni possibile ritorno di un passato orribile”. (s.spa.)