“La gestione di Publiacqua è disastrosa e lo confermano i numeri”
“È necessaria una rivoluzione gestionale della risorsa idrica, nel rispetto dell’esito referendario, che ha espresso la volontà popolare in occasione del Referendum del 2011 a favore dell’Acqua Pubblica. Mentre l' AIT dichiara “Non facciamoci ingannare dalle abbondanti piogge degli ultimi mesi, l'emergenza idrica in Toscana resta un problema da prendere di petto”, nei fatti: solo in Publiacqua si registra la dispersione di 23 milioni di metri cubi l'anno.
Lo scorso anno dal rapporto dell’Autorità Idrica Toscana la percentuale delle perdite era tra il 38% ed il 39%, rispetto la media nazionale già elevata del 31.2%: oggi su Firenze la percentuale è al 47,1% .
Sicuramente una montagna d’acqua è andata perduta a causa di una gestione approssimativa e deficitaria, che non ha saputo o voluto ammodernare una rete obsoleta, come è quella toscana: il 73% di essa è stata realizzata prima del 1975 e il 27,9% ha più i 50 anni.
Già un anno fa le bollette degli utenti di Publiacqua risultavano aumentate del 4%: le Tariffe del servizio idrico integrato anno 2018 dell’AIT prevedono una quota fissa di 48,25 per la Domestica residenziale e di 55,48, per la Domestica non residenziale, di 50,70 per le tariffe pubbliche, per le attività produttive: 67,42 per piccole; 118,48 per medio-piccole, 209,69 per le medio-grandi, 733,94 grandi.
Se le tasche dei cittadini piangono, gli utili della società del 2017 sono stati floridi e ammontano a 29.879.456 euro, di cui 18.000.000 euro distribuiti tra i soci, siamo in attesa di conoscere il bilancio del 2017, già approvato dall'Assemblea Ordinaria dei soci Publiacqua del 16 maggio 2018. Intanto nel 2017 è stata dimezzata la 'fascia di consumo agevolata' passata da 60 a 30 metri cubi d'acqua, con ricadute che penalizzano soprattutto le famiglie numerose, che consumano più acqua.
Gli utenti, ma anche i lavoratori, fanno i conti con le difficoltà e un atteggiamento discutibile della società. I livelli occupazionali in questi anni sono, infatti, diminuiti e le professionalità non valorizzate: la perdita di oltre 200 posti di lavoro, dovuta ai numerosi appalti e sub appalti, ha comportato la perdita delle professionalità che i Comuni avevano ereditato, nel corso degli anni. Funzioni strategiche, quali servizi informatici, sono state dirottate verso Roma e il Socio Privato Acea SpA; con un investimento di circa 170 milioni di euro per Acea 2.0, un sistema informatico che segna la dipendenza dalla società romana.
Necessita una seria riflessione sull’esperienza della privatizzazione del servizio idrico, avviata con concessione a privati, a mezzo di società SpA di diritto privato, nel lontano 2002 e con scadenza 2021.
Intanto gli errori gestionali ricadono sugli utenti. Ricordiamo la sentenza della Corte di Cassazione 335/2008, che ha vietato al gestore di far pagare la depurazione agli utenti non realmente collegati ai depuratori, cui fece seguito la restituzione terminata nel dicembre 2017.
In questo mese partirà il recupero tariffario per gli anni 2009/2011 e nel 2019 saranno recuperati gli anni 2012/2014 delle tariffe non versate da coloro che, pur essendo collegati al depuratore, non erano stati conteggiati con tariffe previste, ammontano fra i 171 euro ed i 1/2 mila euro, come riportato dalla stampa locale. Altro esempio di inefficienza è stato il disservizio agli utenti per individuare le nuove tariffe in base alla residenza. Una situazione insostenibile per i dipendenti e soprattutto per i cittadini. Il management, la società e la politica sono chiamati a rispondere di questi numeri drammatici, che testimoniano il fallimento di un modello gestionale. L’acqua deve tornare ad essere pubblica e non gestita da chi lucra su quello che può essere definito “l’oro blu”.