L’Ufficio di Presidenza del Consiglio comunale al Cimitero degli Allori
Per ricordare il 17° anniversario della scomparsa della scrittrice e giornalista Oriana Fallaci l’Ufficio di Presidenza, in rappresentanza del Consiglio comunale, si è recato al cimitero agli Allori, dove riposa il corpo della Fallaci.
Il Presidente Luca Milani, nella sua orazione, ha ricordato che la Fallaci ha rappresentato tante cose, ma sopratutto la sua vita è stata un inno al femminismo, un inno alla donna, libera e indipendente ed ha ricordato proprio le parole da “lettera a un bambino mai nato” con un’interrogazione all’apparenza innocente: “sarai un uomo o una donna?”. La domanda per eccellenza che, in cuor suo, ogni donna pone alla creatura che porta in grembo sfidandosi a immaginarla, a inventarla. Da questo pensiero, però, Oriana Fallaci trae un’importante riflessione sociale e politica perché è proprio la sua risposta, quel “Vorrei che tu fossi una donna,” a fare tutta la differenza.
“Sarai un uomo o una donna?
Vorrei che tu fossi una donna. Vorrei che tu provassi un giorno ciò che provo io: non sono affatto d’accordo con la mia mamma la quale pensa che nascere donna sia una disgrazia. La mia mamma, quando è molto infelice, sospira: Ah, se fossi nata uomo! Lo so: il nostro è un mondo fabbricato dagli uomini per gli uomini, la loro dittatura è così antica che si estende perfino al linguaggio. Si dice uomo per dire uomo e donna, si dice bambino per dire bambino e bambina, si dice figlio per dire figlio e figlia, si dice omicidio per indicar l’assassinio di un uomo e di una donna. Nelle leggende che i maschi hanno inventato per spiegare la vita, la prima creatura non è una donna: è un uomo chiamato Adamo. Eva arriva dopo, per divertirlo e combinare guai. Nei dipinti che adornano le loro chiese, Dio è un vecchio con la barba: mai una vecchia coi capelli bianchi. E tutti i loro eroi sono maschi: da quel Prometeo che scoprì il fuoco a quell’Icaro che tentò di volare, su fino a quel Gesù che dichiarano figlio del Padre e dello Spirito Santo: quasi che la donna da cui fu partorito fosse un’incubatrice o una balia. Eppure, o proprio per questo, essere donna è così affascinante. E un’avventura che richiede un tale coraggio, una sfida che non annoia mai. Avrai tante cose da intraprendere se nascerai donna”.
“Oriana Fallaci con questo scritto del 1976, anticipa molti temi che ancora oggi sono dibattuti sui giornali, sui social network, nei salotti dei talk-show televisivi. Si dice “uomo” per dire uomo e donna, osserva la giornalista ponendosi uno scrupolo linguistico che sfocia nel dilemma morale: Oriana allora non poteva saperlo – conclude il presidente del Consiglio comunale Luca Milani – ma stava anticipando l’uso dello schwa e persino un futuro neologismo: il femminicidio.
Con quell’affermazione “Vorrei che tu fossi una donna” Fallaci affida al nascituro un compito preciso, una vera battaglia da portare avanti con coraggio come una novella Giovanna d’Arco e si spinge oltre, sradicando il binomio biblico di “donna-madre” sostenendo “essere madre non è un mestiere e non è nemmeno un dovere”.
Il vicepresidente vicario Emanuele Cocollini ha dichiarato: “La cerimonia di questa mattina riveste un’importanza particolare, non solo per la enorme statura del personaggio, ma, dal punto di vista istituzionale, perché dal 2019 è stata inserita nel calendario dei ricordi ufficiali da parte del Comune di Firenze. Una scelta che sarebbe stato oltraggioso non fare nei confronti di Oriana Fallaci, la nostra più illustre concittadina. Donna libera, intellettuale, giornalista e scrittrice tra le più brillanti del XX secolo e non solo. Non fu profeta in Patria, come sappiamo bene, anche per questo diventa ancora più importante che il suo ricordo sia coltivato e rinnovato ogni anno da parte della sua città, da lei così tanto amata”.
“Ho ricordato Oriana Fallaci, donna coraggiosa e vitale, fiorentina sincera, che ha portato avanti con dignità tutte le sue battaglie, anche quella con la malattia. L’ho voluta ricordare – aggiunge la vice presidente del Consiglio comunale Barbara Felleca – con le sue parole: “Dico la verità quando la scopro e quello che sento quando lo sento, cercando di non offendere prima di tutto la mia dignità. Ho avuto una vita durissima e assai infelice. Tutte le persone più amate mi sono morte. Ho sempre guadagnato poco rispetto al successo che ho avuto e al lavoro che ho fatto.
E ho lavorato tanto, credetemi, tanto. […]
Il cancro che ha sterminato la mia famiglia è venuto anche a me.
E da quando mi è venuto vivo una vita difficilissima. Tuttavia continuo a lavorare, a vivere dignitosamente e silenziosamente per conto mio, senza sparlare e neanche parlare degli altri.
Ma quelli che fanno il mio mestiere mi odiano a morte. A volte ho tentato un esame di coscienza. Ho cercato di capire se la colpa fosse mia, e ho concluso: sono una donna che può essere altera, anzi superba, nella stessa misura in cui può essere cordiale e affettuosa. Ho un senso morale così rigoroso da assumere atteggiamenti spietati: lo riconosco. Ma nella stessa misura sono indulgente. Anzi, generosa.
Cerco sempre di capire tutto e tutti. O meglio, i due volti della medaglia. E questo mi rende giusta.
Mi rende una persona perbene”. (s.spa.)