80° anniversario della Liberazione, la sindaca Funaro: “La Resistenza fu l’origine morale e politica della nostra Costituzione”

“ Il 25 aprile è una chiamata a tornare alle radici vive della nostra Repubblica”

“Mai come oggi, il 25 aprile ci interpella non come una semplice commemorazione, ma come una chiamata. Una chiamata a tornare alle radici vive della nostra Repubblica. Perché la Resistenza, purtroppo, non è oggi riconosciuta per ciò che fu: l’atto costituente da cui è nata la nostra libertà. Non una parentesi della storia, ma l’origine morale e politica della nostra Costituzione. Non una memoria divisiva, ma il fondamento più alto della nostra comunità democratica”. Così la sindaca Sara Funaro, intervenuta dall’arengario di Palazzo Vecchio, per la celebrazione del 25 aprile, 80° anniversario della Liberazione. Prima degli interventi dall’arengario, è stato osservato un minuto di silenzio in segno di lutto per Papa Francesco. “Ritengo giusto e doveroso iniziare questa nostra cerimonia ricordando Papa Francesco e il suo grande contributo al mondo intero. Un contributo di pace, di dialogo e di attenzione agli ultimi: un uomo che partendo dalla sua fede è stato capace di parlare a tutti. Per questo vi chiedo un momento di silenzio in sua memoria”, ha spiegato così la sindaca Funaro, che ha anche ringraziato  l’arcivescovo Gherardo Gambelli, il rabbino Gadi Piperno, l’imam Izzedin Elzir, per aver partecipato all’apposizione di un drappo nero sulla facciata di Palazzo Vecchio nel giorno della morte del pontefice. 

 

Alla cerimonia ufficiale dall’arengario, oltre alla sindaca Sara Funaro, sono intervenuti il giornalista Aldo Cazzullo e la presidente Anpi provinciale di Firenze Vania Bagni. 

Le celebrazioni istituzionali sono cominciate alle 10 in piazza dell’Unità d’Italia, dove si è svolta la cerimonia dell’alzabandiera solenne e la deposizione di una corona di alloro al monumento ai caduti di tutte le guerre alla presenza della sindaca Funaro, del prefetto Francesca Ferrandino, del presidente della Regione Toscana Eugenio Giani, di rappresentanti delle associazioni combattentistiche e delle Forze armate, a cui ha fatto seguito il corteo fino a Palazzo Vecchio. 

 

Di seguito il discorso integrale della sindaca Sara Funaro.

 

“Signora Prefetto, autorità civili e militari, rappresentanti delle istituzioni, care cittadine e cari cittadini, ottant’anni ci separano da quel giorno di primavera in cui l’Italia riconquistò sé stessa. Ottant’anni da quando, attraverso la lotta di donne e uomini comuni, il nostro Paese ruppe le catene del giogo nazifascista e si affacciò, ferito ma determinato, sulla soglia della democrazia.

Eppure, mai come oggi, il 25 aprile ci interpella non come una semplice commemorazione, ma come una chiamata. Una chiamata a tornare alle radici vive della nostra Repubblica.

Perché la Resistenza, purtroppo, non è oggi riconosciuta per ciò che fu: l’atto costituente da cui è nata la nostra libertà. Non una parentesi della storia, ma l’origine morale e politica della nostra Costituzione. Non una memoria divisiva, ma il fondamento più alto della nostra comunità democratica.

Non si tratta di rimanere ancorati al passato, ma di riconoscere che quella stagione di lotta e speranza continua a parlarci e continua a domandarci: “Che uso fate della libertà che abbiamo conquistato?”

E la risposta a questa domanda non può che partire dai luoghi, dalle persone, dai simboli che ci ricordano cosa significhi scegliere la parte giusta della storia.

La Resistenza non fu solo un tornante decisivo della storia politica del nostro Paese: fu un moto dell’anima, una presa di coscienza collettiva che ancora oggi può e deve illuminarci.

Penso, ad esempio, ai giovani delle formazioni partigiane nate sui monti della nostra provincia, a donne e uomini di ogni età e condizione sociale, che pagarono con la loro vita il rifiuto del fascismo. A chi nascose e salvò ebrei, oppositori, renitenti. Penso a una città che, nella sua dignità ferita, seppe scegliere la dignità della lotta.

Non fu un’esplosione improvvisa e disorganica, fu una scelta consapevole, collettiva, radicata nel tessuto profondo di questa città, che non si è mai rassegnata all’ingiustizia.

La nostra Firenze, città medaglia d’oro della Resistenza, ha conosciuto l’orrore dell’occupazione e la fierezza della ribellione. Ha pianto i suoi martiri e ha nutrito la speranza. In ogni strada che ha risuonato dei passi dei partigiani, in ogni lapide che porta un nome, in ogni casa che nascose una staffetta, questa città ha scritto una pagina alta della storia d’Italia.

E oggi, come allora, Firenze non si sottrae e non viene meno al dovere della testimonianza. Non solo nel custodire la memoria, ma nel trasformarla in orientamento etico, civile e politico.

Perché la memoria non è mai sterile rievocazione: è lo sguardo che ci permette di leggere il presente con lucidità e di proiettarci nel futuro con consapevolezza. È un esercizio di responsabilità, che ci dona gli strumenti per riconoscere i segnali del ritorno dell’odio, dell’intolleranza, della violenza.

Per questo siamo qui, in questo 25 aprile, non solo per onorare chi ci ha preceduti, che dobbiamo ricordare tutti i giorni non solo oggi, ma anche per rispondere a una domanda profonda: quale cammino abbiamo intrapreso, e dove ci condurrà?

Viviamo un tempo inquieto, in cui le certezze sembrano sgretolarsi e le parole della democrazia – Pace, eguaglianza, diritti – vengono messe in discussione. Tornano parole d’odio, si cerca di riscrivere la storia, si affievolisce il senso della cittadinanza come bene comune. Ed è per questo che abbiamo deciso, insieme all’arcivescovo di Firenze Gherardo Gambelli e ad altri sindaci, di fare un appello per un giorno di tregua, in troppe zone del mondo, a partire dalla Palestina, dalla Siria e dall’Ucraina, oggi ci sono ancora vite spezzate. 

E allora, tornare al 25 aprile non è un esercizio di nostalgia. È un atto politico e morale. È scegliere da che parte stare. È ricordare che la libertà e i diritti non sono mai conquistati una volta per tutte, ma vanno difesi e rinnovati in un cammino quotidiano. Che la democrazia non è mai scontata, e la pace non è mai definitiva.

Papa Francesco, il 25 aprile 2024 in Piazza San Pietro, ha affermato che "all'origine delle guerre ci sono spesso abbracci mancati o rifiutati, a cui seguono pregiudizi, incomprensioni e sospetti, fino a vedere nell'altro un nemico". Parole che ci invitano a riflettere sull'importanza del dialogo e della comprensione reciproca come fondamenta per la Pace.

E ancora, in un messaggio in occasione della Giornata Mondiale della Pace, ha affermato che: "Il mondo non ha bisogno di parole vuote, ma di testimoni convinti, di artigiani della pace aperti al dialogo senza esclusioni né manipolazioni." 

Parole limpide, che ci orientano come una bussola, in un tempo in cui la parola “pace” torna ad avere il peso drammatico della necessità e la memoria del 25 aprile è un richiamo alla responsabilità di costruire un futuro di pace, attraverso il dialogo, il rispetto e l’impegno comune.

Perché Pace è, prima di tutto, assenza di guerra. Ma è anche giustizia sociale, è dignità per ogni essere umano, è capacità di ascolto e di visione, è costruzione quotidiana di relazioni fondate sul rispetto, è cura delle fragilità, è riconoscimento dell’altro come parte essenziale del nostro stesso destino. È il rifiuto della sopraffazione, l’impegno per l’uguaglianza, la difesa dei diritti, la responsabilità verso le generazioni future.

In questo cammino condiviso, è per noi motivo di onore la presenza di Aldo Cazzullo che ha scritto parole che sento profondamente vere:

“Ognuno di noi può avere una memoria diversa. Ma credo si possa arrivare a una conclusione condivisa: la Resistenza non deve essere patrimonio di una fazione ma di una nazione”

Perché la Resistenza non fu un fenomeno marginale. Fu l’atto di nascita dell’Italia migliore.

E quell’Italia migliore non è un’utopia astratta. È un progetto incompiuto, è un orizzonte da costruire insieme. È l’Italia che crede nel valore della scuola pubblica, nella sanità universale, nel lavoro dignitoso, nella giustizia sociale, nell’uguaglianza reale tra uomini e donne, nel ripudio della guerra, nella difesa delle minoranze, nell’apertura alle nuove generazioni, nei diritti civili.

È l’Italia che non ha paura di dirsi antifascista, perché conosce il prezzo della libertà.

Questa Italia ci chiama ancora. E ci chiede oggi, qui, a Firenze, città che fu di Lanciotto Ballerini, di Teresa Mattei, di Silvano Sarti, se vogliamo essere spettatori distratti o protagonisti consapevoli del nostro tempo.

In questo 25 aprile voglio ringraziare tutte le autorità per questa celebrazione, in un momento particolare come questo, sono molto dispiaciuta che in altre realtà siano state vietate cerimonie, mi stringo nella vicinanza ad Anpi per questo.

Io credo che il senso di questo 25 aprile sia tutto qui: fare memoria non per rimanere fermi, ma per andare avanti con la schiena dritta. Per costruire un’Italia fedele ai suoi valori fondanti, inclusiva, giusta, e capace di guardare al futuro senza dimenticare il prezzo della sua libertà.

 

Viva Firenze, città della Resistenza.

Viva la Costituzione nata dalla lotta di Liberazione.

Viva il 25 aprile. Viva la Repubblica”.

 

 

 

(sa. ca.)

 

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