Donata Bianchi (Presidente Commissione Pari opportunità, pace, diritti umani, relazioni internazionali, immigrazione): “Libertà per Khalida Jarrar”

“Khalida Jarrar, deputata palestinese, storica attivista dei diritti delle donne palestinesi, femminista e dirigente del Fronte popolare è stata condannata a due anni di prigione per il suo impegno a difesa dei diritti umani, era stata arrestata nel novembre 2019.

Khalida Jarrar – ricorda la presidente della Commissione Pari opportunità, pace, diritti umani, relazioni internazionali, immigrazione Donata Bianchi – era a casa con la figlia Sura quando alle 3 di notte  entrambe furono svegliate da forti rumori proprio sotto la loro abitazione. Si alzarono e affacciatesi alla finestra videro una dozzina di jeep piene di soldati israeliani, Khalida capì subito che venivano per lei. Secondo il racconto della figlia, i militari guidati da un ufficiale intimarono di aprire la porta. Appena entrati l’ufficiale si rivolse a Khalida dicendole “eccoci di nuovo qui” e le ordinò  di seguirlo senza mostrarle il mandato di arresto.

Khalida Jarrar, 57 anni, era stata rilasciata nel febbraio dopo 20 mesi di detenzione amministrativa. Un calvario denunciato dalla famiglia e dal Fronte popolare. Capo della Commissione parlamentare per i prigionieri politici e vice presidente dell’associazione Addameer, che tutela i diritti dei detenuti, aveva scontato 14 mesi di carcere già tra il 2015 e il 2016. In quell’occasione fu accusata di ben 12 reati ma, evidentemente, senza prove dato che i giudici militari alla fine decisero di condannarla alla detenzione amministrativa e di non processarla. Jarrar faceva parte della commissione che prepara rapporti sulle violazioni israeliane destinati alla Corte penale internazionale. Nei Territori Khalida Jarrar è un simbolo della lotta all’occupazione, della denuncia degli orrori prodotti da un regime di apartheid come ormai è chiaro sia quello che subisce la popolazione palestinese. Adesso una nuova condanna arriva dopo 14 mesi di detenzione amministrativa.

Il suo primo arresto risale al 1989. Oltre a Jarrar, sette deputati palestinesi eletti sono attualmente detenuti in Israele. Secondo la Ong Addameer, a gennaio erano 4.400 i prigionieri politici palestinesi, tra cui 37 donne e 160 minori.

Libertà per Khalida, ma un ricordo però anche per tre giovanissime donne assassinate in Afghanistan:  Mursal Waheedi, Saadia Sadat, Shahnaz Rahuf, freddate per strada a poco più di 20 anni con un colpo alla testa, purtroppo nell’indifferenza di gran parte del mondo, come ha scritto David Sassoli.

Tutte e tre attiviste per i diritti umani e a difesa dei diritti delle donne, gli omicidi – aggiunge la presidente della Commissione Pari opportunità, pace, diritti umani, relazioni internazionali, immigrazione Donata Bianchi – hanno come responsabili esponenti del Daesh che, insieme alla frangia estrema dei talebani, negli ultimi mesi, stanno colpendo donne e attivisti. Le ragazze uccise lavoravano nella tv locale come doppiatrici. Mursal Wahidi è stata attaccata e uccisa nel pomeriggio mentre tornava a casa, Saadia Sadat e Shahnaz Rauf, sono state uccise poco dopo sempre dopo aver smesso di lavorare e mentre tornavano a casa.

La situazione in tutto il Paese è estremamente complessa e il clima è molto teso. Nonostante siano in atto alcuni sforzi diplomatici tra la Repubblica Islamica dell’Afghanistan ed i talebani, l’inizio di un vero e proprio dialogo intra-afghano sembra sempre più lontano e i cosiddetti colloqui preliminari ai negoziati di pace a Doha rimangono bloccati alle fasi preliminari.

L’Unione Europea ha chiesto di porre fine agli attacchi mirati contro giornalisti e donne in Afghanistan, chiedendo nuovamente la fine delle violenze. L’UE ha quindi chiesto indagini trasparenti e approfondite su tutti questi attacchi e omicidi, Le autorità europee hanno sottolineato la preoccupante violenza in crescita, soprattutto per quanto riguarda le aggressioni mirate contro giornalisti, attivisti per i diritti umani, rappresentanti della società civile e funzionari pubblici. Tali episodi sono costati la vita a 1.200 civili nel 2020, un aumento del 45% rispetto al 2019. Tante vittime sono donne e ragazze. Quattro donne impegnate a cercare una normalità di diritti. Tre giovani donne che volevano contribuire al faticosissimo processo di uscita dal terrore dell’Afghanistan, un paese stremato da guerre e persecuzioni interne. Le loro speranze – conclude Donata Bianchi – sono raccolte da altre donne, ma anche la comunità internazionale deve fare la propria parte a difesa del diritto all’autodeterminazione delle donne che vivono in queste terra, e dei loro popoli di appartenenza”. (s.spa.)

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