Francesco Pastorelli (PD): “Se di sciopero si muore”

“Se di sciopero si muore allora c’è davvero qualcosa che non va. Se di sciopero si muore il Paese è malato e va curato. Se di sciopero si muore, occorre davvero rimettere al centro l’uomo e la sua dignità.

Il caso di Adil Belakhdim non è, purtroppo, un fatto isolato ma il sintomo di una tensione e di una frammentazione sociale – sottolinea il consigliere del Partito Democratico Francesco Pastorelli –  sempre più alta e destinata, probabilmente, a crescere ancora con lo sblocco dei licenziamenti.

L’Italia democratica ha lottato per anni per dare attuazione a quei principi solenni e fondamentali su cui si fonda la Repubblica, una, democratica, fondata sul lavoro e che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo che nelle formazioni sociali in cui svolge la propria personalità.

Stiamo tristemente arretrando in nome del profitto e della produttività come uniche categorie che definiscono il valore di una persona.

In questa logica sta probabilmente la scarsa attenzione delle società occidentali, sottolineata da vari autori, per anziani e bambini, membri non produttivi della società vissuti più come un problema che come una risorsa, o un bene da accudire.

Dobbiamo dirci con forza che l’essere umano è altro e non può essere ridotto a un numero, a un reddito.

Il comparto della logistica, anche in questo anno e mezzo di pandemia, è cresciuto ed ha incrementato i profitti – aggiunge Pastorelli – dato che spedizioni e trasporti non si sono fermati e vi è stato un boom dell’e-commerce, eppure, qui come in altri settori, assistiamo a gare al ribasso, a catene di appalti e subappalti e a condizioni di lavoro sempre meno dignitose e davvero poco in linea con le norme a tutela dei diritti dei lavoratori che ci siamo dati.

L’intelligenza artificiale e lo sviluppo tecnologico hanno portato grandi miglioramenti nelle nostre vite ma non possiamo appaltare loro l’organizzazione di tutto e la valutazione dell’uomo.

Il fenomeno di algoritmi e sistemi elettronici che presiedono al controllo e all’organizzazione del lavoro con logiche premianti o penalizzanti, a seconda che si riescano o meno a svolgere le mansioni nei tempi e nei modi prestabiliti, si fa sempre più inquietante come vero strumento che regola il rapporto di lavoro ben al di là della legge e dei contratti collettivi.

Tutto questo è ancor più vero in settori caratterizzati da un’istruzione media scarsa o da elevati livelli di personale straniero, alle prese col nodo del permesso di soggiorno e, dunque, i cui diritti sono più facilmente comprimibili, per non dire assoggettabili a ricatto.

La lotta di Adil Belakhdim, come quella di tanti sindacalisti che si battono davvero per i diritti dei lavoratori, era una battaglia di civiltà e giustizia – sottolinea il consigliere PD Francesco Pastorelli –  per chiedere condizioni di lavoro dignitose perché, come tutti vorremmo, si possa lavorare per vivere e non vivere per lavorare.

Che questa lotta gli sia costata la vita per il gesto sconsiderato di un trasportatore è davvero inaccettabile e paradossale perché i lavoratori, più di altri, dovrebbero avvertire come imprescindibile il senso di solidarietà e di comunità del loro mondo, scosso da trasformazioni e difficoltà in questa fase storica dalla quale si può uscire solo uniti, cambiando le cose in meglio. Ecco, in queste notti magiche in cui l’Italia di Mancini torna finalmente a farci sognare incollandoci alla TV, mi fa un po’ male pensare che anche tra gli sponsor della mia nazionale possa esserci chi utilizza forme di lavoro che con i valori del nostro paese – conclude il consigliere del Partito Democratico Francesco Pastorelli – non dovrebbero aver nulla a che fare...”. (s.spa.)

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