Giorno del Ricordo. Donata Bianchi (Presidente Commissione Pari opportunità, pace, diritti umani, relazioni internazionali, immigrazione): “Occorre restituire dignità ai tanti uomini, donne e bambini che furono trucidati nelle foibe”

“Oggi il vero avversario da battere, più forte e più insidioso, è quello dell’indifferenza, del disinteresse, della noncuranza, che si nutrono spesso della mancata conoscenza della storia e dei suoi eventi”, sono parole che il Capo dello Stato ha pronunciato in occasione della giornata del ricordo.

È  una riflessione importante – ha spiegato in occasione della celebrazione del Giorno del Ricordo in Consiglio comunale la presidente della Commissione Pari opportunità, pace, diritti umani, relazioni internazionali, immigrazione Donata Bianchi – che incita ad agire nel presente gli insegnamenti tragici che possiamo trarre dal passato poiché questo è il modo più alto per restituire dignità ai tanti uomini, donne e bambini che furono trucidati nelle foibe, è questo un modo per non rendere priva di significato la loro morte.

Le vittime delle foibe devono essere ricordate, a quella violenza deve essere dato un nome ed è necessario parlarne, questa pagina drammatica della storia deve essere scritta anche sui libri scolastici. Una parte della mia famiglia attuale visse l’esodo forzato degli italiani dall’Istria e dalla Dalmazia, precisamente da Pola, ho raccolto tante volte il ricordo doloroso che solo molto anni dopo si poté ricomporre ritornando nei luoghi natali e ritrovando alcuni affetti.

Quando le armate guidate  da Josip Broz, nome di battaglia «Tito», riuscirono a sconfiggere  i famigerati “ustascia” (i fascisti croati agli ordini del dittatore Ante Pavelic che si erano macchiati di gravissimi crimini), e i non meno odiati “domobranzi”, si scatenò la vendetta. Non possiamo anche dimenticare che il regime fascista aveva imposto in tutta la Venezia Giulia una violenta politica di snazionalizzazione, aveva scatenato una bonifica etnica  che portò a uccisioni e all’esodo di 105 mila sloveni e croati. Ai primi segni di cedimento del regime fascista emersero i primi segnali di ritorsione. La prima ondata di violenza esplose proprio dopo la firma dell’armistizio, l’8 settembre 1943, ma ci fu subito la reazione perché in ottobre l’Istria fu occupata dai nazisti che la misero a ferro e fuoco con l'incendio di decine di villaggi, l’uccisione di 3000 partigiani e la deportazione nei campi in Germania di 10.000 persone. Una nuova ondata di violenze da parte dell’esercito di Tito avvenne tra  il marzo e il giugno del 1945, quando migliaia di italiani dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia furono obbligati a lasciare la loro terra, altri furono uccisi  e gettati nelle foibe o deportati nei campi sloveni e croati.

Le uccisioni di italiani - nel periodo tra il 1943 e il 1947 - furono almeno 20mila; gli esuli italiani costretti a lasciare le loro case almeno 250mila. Le esecuzioni – ha ricordato la presidente Donata Bianchi – furono violente, come tutte quelle che abbiamo letto nella storia del Novecento e che ancora oggi ci vengono raccontate dagli scampati agli scenari di guerra o di sommossa.

La storia di Norma Cossetto ci parla di come il corpo delle donne è terreno di conquista attraverso violenze che la resero un oggetto , una preda di guerra, come i corpi di migliaia di donne bosniache stuprate  e seviziate durante la guerra che nel corso degli anni Novanta dilaniò quelle terre a noi tanto vicine.

Come è stato correttamente scritto “parlare delle foibe significa: chiamare in causa il complesso di situazioni cumulatesi nell'arco di un ventennio con l'esasperazione di violenza e di lacerazioni politiche, militari, sociali concentratesi in particolare nei cinque anni della fase più acuta della seconda guerra mondiale. È qui che nascono le radici dell'odio, delle foibe, dell'esodo dall’Istria”.

Concludo ricordando le parole che furono pronunciate dal Presidente Ciampi nel 2005 in occasione di una delle prime cerimonie della giornata del ricordo: “E’ giunto il momento che i ricordi ragionati prendano il posto dei rancori esasperati”. Nella corretta interpretazione della storia e celebrando i principi di dignità della persona, di rispetto dei diritti fondamentali dell’uomo e dei diritti delle minoranze, che sono il fondamento della Repubblica italiana e dell’Unione Europea, dobbiamo guardare a quei drammatici avvenimenti che “devono essere radicati nella nostra memoria; ricordati e spiegati alle nuove generazioni”. (s.spa.)

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