Queste le dichiarazioni del presidente della Commissione Ambiente, vivibilità urbana e mobilità Giovanni Graziani
“In questi giorni è in corso a Calì, in Colombia la sedicesima Conferenza delle Parti sulla biodiversità.
Conosciamo meglio le COP sul clima, la cui prossima COP29 inizierà tra pochi giorni a Baku, in Azerbaijan ma anche se meno seguite sono altrettanto importanti quelle sulla biodiversità che si svolgono ogni 2 anni e che riunisce tutti i paesi dell’ONU.
Per raccontarvi qualcosa dell’importanza di questo appuntamento vi leggo le parole di, Ferdinando Cotugno, giornalista, voce autorevole su clima, ambiente ed ecologia, che ha da poco vinto il Premio “Romeo Bassoli” 2024 per il giornalismo scientifico sul clima e la sostenibilità, assegnato dal Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici (CMCC).
Una cosa che sento dire spesso tra scienziati è: se pensate che la crisi climatica sia un problema complesso, aspettate di conoscere quello della biodiversità.
Il clima sono le regole di funzionamento del mondo, la biodiversità è la sua semantica, è il suo contenuto, la parte viva, polpa e colore di questo pianeta, quella che una volta avremmo chiamato natura.
Ancora più che col clima, proteggere la biodiversità non è altruismo, non è solo tenerci il canto degli uccelli.
La società umana non è inorganica, dalla medicina all’alimentazione la biodiversità è nella fibra di quello che ci tiene vivi.
Lunga premessa per un invito a non essere distratti: a Calì in Colombia lunedì scorso è iniziata COP16, il vertice multilaterale ONU n.16 per trovare regole comuni per tutelare la biodiversità.
Dalle puntate 1 a 15 siamo riusciti a concordare tante cose ma soprattutto una metrica: 30% di terra e oceani da proteggere entro il 2030. Metrica contestata, problematica, pure un filo coloniale, ma questo è.
Dalla 16 in poi il punto è capire come fare quello che abbiamo deciso di fare. C’è un gap finanziario spaventoso, una voragine di 700 miliardi di dollari tra ciò che mettiamo ogni anno e ciò che serve, perché i paesi più ricchi di biodiversità sono quelli con meno risorse, più poveri e meno attrezzati.
700 miliardi all'anno sono tanti, ma un collasso della biodiversità costerebbe, beh, molto di più. Inoltre, ogni anno spendiamo 1,7 trilioni in sussidi pubblici ad attività dannose per la natura.
Invertire il rubinetto tra spendere soldi per distruggere il mondo a spenderli per proteggerlo non è facile, non si fa in un anno, non si fa in una COP, ma è questo il senso della partita biodiversità e della partita umana in generale.
Si può fare, ma si può fare solo se diventa una priorità, e diventa una priorità solo se c’è attenzione. Finisce il 1° novembre.
Obiettivi: arrivare a 200 miliardi all’anno di fondi, avere piani nazionali all’altezza, scrivere regole sull'accesso alle banche dati genetiche e alla governance delle terre indigene, poi c’è la questione delle acque internazionali e delle miniere di profondità. Insomma, un casino, ma è il nostro casino, quindi occupiamocene”.
Riprendo la parola per dire che è sicuramente qualcosa di tanto più grande di noi, come individui ma anche come Comune di Firenze. Ma questo non ci esonera dall’occuparcene e per questo stiamo lavorando a proposte che abbiano prima di tutto l’obiettivo di sensibilizzare e far partecipare le persone, a partire dalle bambine e i bambini delle nostre scuole. Presto presenteremo una mozione per diffondere progetti di citizen science, che sostanzialmente è partecipazione diretta dei cittadini in attività di ricerca scientifica, resa possibile grazie all’osservazione e agli strumenti tecnologici che ormai tutti abbiamo, ovvero gli smartphone”. (s.spa.)