La giunta approva delibera della vicesindaca Giachi. É l’area di circolazione che inizia da viale Redi e termina alla confluenza tra via Buonsignori, via Circondaria e via Gordigiani
Un ponte di Firenze intitolato a Mohandas Karamchand Gandhi per celebrare i 150 anni dalla nascita del Mahatma. Lo ha deciso ieri la giunta approvando la delibera presentata dalla vicesindaca e assessora alla toponomastica Cristina Giachi.
“Abbiamo scelto di denominare Ponte Gandhi – ha spiegato la vicesindaca Giachi – l’area di circolazione che inizia da viale Francesco Redi e termina alla confluenza tra via Stefano Buonsignori, via Circondaria e via Luigi Gordigiani. “L’idea - ha proseguito - mi è stata proposta da un amico, il caro Gherardo Filistrucchi che mi ha fatto notare come non avessimo un toponimo dedicato al Mahatma. A Firenze, fin a oggi, Gandhi Stato solo il nome di un istituto comprensivo. Dal 2 ottobre, data della sua nascita, sarà anche il nome di un ponte”
“Questa scelta dell'amministrazione comunale – ha aggiunto – riflette il peso di Gandhi nel mutamento degli equilibri sociopolitici del continente indiano, e non solo; l'immortalità del suo ricordo e l'influenza che ha avuto sul movimento non violento dei decenni successivi alla sua morte. L'aspetto dei valori gandhiani che tende a ricevere la maggior parte dell' attenzione oggi, non sorprendentemente, è la pratica della non violenza, anche nel confronto con un avversario violento, ha stimolato una pubblica riflessione e ravvivato l' azione politica in forme diverse in tutto il mondo. Un' influenza non secondaria di Gandhi si può vedere nel modo in cui leader politici coraggiosi e visionari in molte altre nazioni, includendo figure straordinarie come Martin Luther King negli Stati Uniti e Nelson Mandela in Sudafrica, sono stati ispirati dalle sue idee e dai suoi valori”. “A Firenze - ha concluso la vicesindaca - il 2 ottobre sarà una giornata dedicata a ricordare questa figura, ci saranno iniziative con le scuole organizzate anche in collaborazione con l’ambasciata Indiana e sarà offerta la possibilità di entrare in contatto con il cinema indiano grazie alla collaborazione con il nostro festival River to River diretto da Selvaggia Velo con la quale siamo al lavoro”.
Il Padre della patria indiano, nato il 2 ottobre 1869, è una delle più grandi figure del secolo passato. Compì a Londra, dal 1888, gli studi giuridici conseguendo la laurea. Trasferitosi in Sudafrica (1893) per svolgervi la professione di avvocato, si dedicò alla causa indiana attorno al 1893, per la profonda impressione ricevuta dalle condizioni sociali ed economiche dei suoi connazionali ivi residenti. Il suo apostolato, che in un primo tempo tenne un atteggiamento conciliante verso l'Inghilterra nella speranza di ottenerne pacifiche concessioni, si concretò nella teoria del satyāgraha, interpretato di solito come "resistenza passiva" (significa piuttosto "insistenza per la verità"), e sfociante in pratica nella disobbedienza civile. Esso era integrato e limitato dall'altro principio, di schietta origine indiana e buddista, dell'ahimṣā o non-violenza.
Ritornato in India nel 1915, G. divenne il capo politico e morale del movimento d'indipendenza, che passò all'azione più decisa nel primo dopoguerra (primo moto di disobbedienza civile, 1921). Dopo un primo arresto e condanna, fu graziato nel 1924 e nel 1929 riprese la sua azione con l'esplicito intento del raggiungimento della completa indipendenza politica del suo paese. Arrestato di nuovo più volte, riuscì spesso a imporre la sua volontà all'Inghilterra per l'immenso prestigio morale di cui godeva, e sotto la minaccia di suicidio per prolungati volontari digiuni. Dopo il 1934 la sua attività principale fu rivolta al problema degli "intoccabili" e alla ricostruzione rurale. Nella seconda guerra mondiale, mantenne fermissima l'esigenza dell'indipendenza, pur senza entrare in collusione con le potenze dell'Asse, come fecero invece altri esponenti estremi del nazionalismo indiano (Chandra Bose). Nuovamente arrestato, fu tenuto per due anni in carcere (1942-44), e alla liberazione ebbe gran parte nelle trattative (1945-47) che condussero alla proclamazione dell'indipendenza dell'India. La scissione del Pakistan, che la accompagnò, fu contraria agli ideali unitari di Gandhi, che la subì perché resa necessaria dalle rivalità etniche e religiose, riesplose nel 1947 con sanguinosi eccessi da ambo le parti. Mentre il suo discepolo Nehru, succedutogli sin dal 1942 come capo del Congresso, assumeva il governo dell'India indipendente, Gandhi svolgeva opera di pacificazione, e cadeva poco dopo (30 gennaio 1948) vittima dell'attentato di un fanatico indù. (fn)