“Il mio pensiero va a Duccio, alla sua famiglia, alla tragedia che li ha colpiti”
Questa la dichiarazione di Miriam Amato, consigliera aderente a Potere al Popolo:
“Quanto avvenuto all’Isolotto fa certamente rabbia, che ha comportato la dichiarata la morte cerebrale di un ragazzo di 29 anni coinvolto in un inseguimento in cui non aveva niente a che fare. La famiglia ha tutta la nostra solidarietà.
Mentre eravamo colpiti dallo stupore di quanto avvenuto la destra cittadina ne ha approfittato immediatamente, strumentalizzando l’accaduto: per questa gente se Duccio Dini è in questo stato non è colpa dei quattro diretti responsabili, ma di tutta la comunità ROM. Le responsabilità sono individuali, il clima di razzismo fomentato dalle destre non deve far presa nel sentire comune.
Non siamo nuovi a questo tipo di equazioni. Per la destra, ogni volta che uno straniero povero commette un crimine, la sua colpa si estende immediatamente a chiunque non possegga la cittadinanza italiana da più di tre generazioni. Anche stavolta la morte di Duccioverrà utilizzata contro persone che non hanno condiviso nessun atteggiamento criminoso, la cui unica colpa è quella di vivere al Poderaccio.
Certo, il campo Rom è un problema, in primo luogo per chi ci vive. Il Poderaccio, il vecchio Masini, l’Olmatello, si sono riempiti a più ondate in seguito alla crisi economica che colpi l’attuale territorio della Macedonia, e successivamente alle due guerre di Jugoslavia e del Kosovo. Si tratta dunque di persone fuggite da condizioni disastrose che hanno trovato rifugio ai margini della nostra città, spesso in condizioni di estrema precarietà.
La giunta Primicerio si incaricò di dare una prima sistemazione alla comunità Rom fiorentina. Nacque da quel tentativo il progetto di via del Guarlone: un gruppo di case in muratura espressamente costruite per ospitare famiglie Rom che, avendo seri problemi di documentazione anagrafica, non potevano accedere alla graduatoria ERP. Fu un progetto azzeccato: le famiglie di via del Guarlone vivono in condizioni molto meno insalubri rispetto a quelle cinquanta che abitano le casette di legno del Poderaccio. Sarebbe bastato ripetere l’esperimento per sottrarre ulteriori nuclei familiari al degrado, alla miseria e quindi ai circuiti di sostentamento extralegali.
Anche intorno al Poderaccio si sono susseguiti tutta una serie di progetti di interazione con la comunità, che se non ne hanno risolto i problemi materiali, hanno comunque permesso che i bambini di cinquanta nuclei potessero andare a scuola, va salvaguardato il lavoro di questi anni degli educatori.
Noi non ci faremo assoldare nella guerra al povero, che sfrutta fatti si sangue per tradurre responsabilità individuali in responsabilità etniche.
Noi siamo pronti invece, in qualsiasi momento, a combattere la guerra alla povertà, non solo nelle sacche di marginalità della nostra città, ma nei quartieri popolari dove si eseguono 130 sfratti al mese, nei posti di lavoro dove i contratti sono sempre più miseri e precari, nella perdita di salute e di diritti a cui ormai anche la popolazione Toscana non è indenne.
Profezia che si autoadempie. In sociologia una profezia che si autoadempie, o che si autoavvera, o che si autodetermina, o che si autorealizza, è una previsione che si realizza per il solo fatto di essere stata espressa. In questo clima discriminatorio si instaura un circolo vizioso”. (s.spa.)