“Solo una mente educata può capire un pensiero diverso dal suo senza avere bisogno di accettarlo” è una citazione di Aristotele e serve – spiega la presidente della Commissione per il contrasto dei fenomeni di intolleranza e razzismo, antisemitismo e istigazione all’odio e alla violenza Barbara Felleca – per una riflessione sui nuovi spazi virtuali di comunicazione, compresi i social network, nati come luogo di dibattito e condivisione di informazioni, ma divenuti il mezzo privilegiato per la trasmissione di pensiero odioso.
Vittime, ancora una volta, le donne.
Prima, Liliana Segre rea, stavolta, di avere prestato il proprio volto alla campagna vaccinale anti Covid della Regione Lombardia rivolta agli ultraottantenni, e rimasta vittima sul web di insulti, le minacce di morte, frasi offensive anche di stampo antisemita e parole irripetibili.
La nostra collega Antonella Bundu, offesa ed insultata durante un incontro, in diretta streaming, organizzato dal British Institute, sul partigiano Alessandro Sinigaglia.
Infine, Giorgia Meloni, vittima di offese sessiste nel corso di un dibattito radio.
Per tutti questi eventi, stavolta, lo sdegno è stato unanime: la politica e la società civile hanno espresso solidarietà e condanna “bipartisan” per gli attacchi subiti da Segre e Meloni, ed alla collega Bundu anche la solidarietà del Consiglio comunale, attraverso le parole del Presidente del Consiglio Luca Milani.
Mi unisco personalmente alla condanna di questi episodi, gravi, che offendono non soltanto chi ne resta vittima ma la coscienza di tutti noi, e, se è vero, riprendendo le parole di Umberto Eco che “I social permettono alle persone di restare in contatto tra loro, ma danno anche diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano al bar dopo un bicchiere di vino e ora hanno lo stesso diritto di parola dei Premi Nobel”, ritengo che Internet non ha “creato” questi fenomeni che sono connaturati all’esperienza umana, ma li ha amplificati anche grazie alla possibilità che il web offre di rimanere anonimi e di costruire agevolmente false identità.
Lo spazio virtuale – prosegue la presidente Barbara Felleca – non è uno spazio dove si annulla il diritto: ci sono varie fattispecie di reato delineate nel codice penale (diffamazione aggravata art. 595, minaccia, il reato di istigazione o propaganda per motivi di discriminazione razziale, etnica o religiosa, previsto dall’art. 604-bis del codice penale), ma è necessario che le piattaforme di condivisione siano dotate di efficaci sistemi di individuazione e segnalazione degli illeciti e dei loro responsabili.
All’Autorità giudiziaria è affidata la repressione e la condanna di questi fenomeni: di qualche giorno fa la notizia che la Polizia postale ha avviato, per le offese a Segre, un’indagine, ipotizzando il reato di minacce aggravate dalla discriminazione e dall'odio razziale.
Ma è urgente e necessario che da noi, che rappresentiamo la città e le istituzioni, si levi forte ed unanime il grido di condanna alle manifestazioni di odio; rinnoviamo, anche alla luce di questi fatti gravissimi, il corale impegno di rinsaldare la nostra cultura valoriale che ha nella dignità di ogni persona e nel principio di non discriminazione i suoi pilastri imprescindibili, per combattere l’ignoranza – conclude la presidente della “Commissione Segre” – di chi ha paura del diverso e di chi si chiude negli stereotipi e non sa guardare oltre.
E domandiamoci ancora, perché, tutto quest’odio contro le donne”. (s.spa.)