Comunicazione del Presidente del Consiglio Comunale Cosimo Guccione sull’anniversario dell’attacco terroristico di Hamas ad Israele del 7 ottobre

“Oggi 7 ottobre 2024 ricorre il primo anniversario dell'attacco terroristico di Hamas ad Israele che ha provocato una strage: l’uccisione di 1200 civili e militari israeliani e il rapimento di circa 250 persone tra cui 30 bambini portati nella striscia di Gaza.
Durante l’attacco sono stati perpetrati inoltre orribili violenze e stupri.
Immediata fu allora la solidarietà alle vittime e alle loro famiglie e ancora oggi la rinnoviamo in questo Consiglio comunale.
Non è questo il momento di ripercorrere gli antefatti che hanno prodotto tale massacro, ma è questo il momento di adoperarsi per riportare a casa gli ostaggi superstiti; delle 254 persone tra israeliani e stranieri 105 sono state rilasciate durante la tregua del novembre scorso, altre sono state liberate in azioni militari, altre ancora sono morte durante la prigionia.
Ad oggi si suppone che siano ancora in vita circa una sessantina di ostaggi, le cui famiglie chiedono di arrivare ad un accordo per riportarli a casa.
Il vergognoso attacco di Hamas ha prodotto la reazione di Israele, una reazione che ha portato allo stremo la popolazione di Gaza isolandola dal resto del mondo e facendola dipendere, quando possibile, dall'assistenza alimentare, sanitaria e umanitaria dell’ONU.
Tra la popolazione palestinese si contano almeno 41.000 uccisi tra cui oltre 6000 donne e 11000 bambini; 95000 sono i feriti, moltissimi dei quali con ferite invalidanti. Altri 650 palestinesi sono stati uccisi nei territori palestinesi della Cisgiordania. Gli sfollati interni, ovvero persone costrette a una migrazione per scappare dalla guerra sono circa 2.000.000.
Il conflitto, che ha come unica certezza l’aumento del numero delle vittime dirette e indirette, si sta espandendo a tutto il Medio Oriente: dal Libano all’Iran con previsioni catastrofiche.
La guerra si alimenta del combustibile che sono le città che distrugge, i territori di cui fa scempio, le vite che cancella. Se non ci saranno spinte diplomatiche efficaci che possano disinnescarla, la guerra proseguirà finché non rimarranno muri da abbattere, esseri umani da annichilire.
La pace, oggi, dopo un anno dal 7 ottobre 2023, appare purtroppo ancora lontanissima. Gli sforzi diplomatici messi in campo dall'Europa, attore politico ancora troppo debole, dagli Stati Uniti e dagli stati arabi, fin qui si sono rivelati totalmente inefficaci. E anche la più generale proposta dei “Due Popoli, due Stati” nonostante ampissima condivisione a livello globale non è ancora completamente accettata dalle parti in causa.
Il fatto è che di pace si arriva a parlare solo “a posteriori”, dopo un litigio, una rappresaglia, un attacco.
Finché tutti i protagonisti del conflitto, interni ed esterni, non capiranno che la pace non è una formula né un assetto, ma il presupposto imprescindibile alla sopravvivenza di tutti, la guerra nelle sue forme parossistiche - i bombardamenti, il massacro di civili, il rapimento e l’uccisione di innocenti, gli attentati - e in quelle non meno letali come l’occupazione, l’apartheid, l’oppressione delle minoranze, qualsiasi esse siano, non cesserà. In medio oriente così come nel cuore dell’Europa, ovunque.
La pace non è un Eden ancestrale da riconquistare, è un lavoro, un’architettura. A volte prende l’aspetto di un edificio imponente, all'apparenza solidissimo come è stata per decenni quella di cui abbiamo potuto godere in questa parte di mondo; a volte ha un aspetto ardito e fragile, ha bisogno di essere continuamente puntellata e rinvigorita.
È una rete che trattiene in equilibrio e compensa forze spesso fortissime e contrarie, frutto anzitutto di interessi economici, e poi strategie di potere, controversie storiche, ideologie diverse. Quando la rete cede, deflagra la guerra.
È tempo che la pace maturi come scelta umana fondamentale. Per questo, al di là degli slogan o dei proclami, vogliamo impegnarci come comunità a essere parte di questo processo, richiamando costantemente la pace come valore universale.
Per fare questo credo sia fondamentale ispirarci alla nostra Costituzione e alla Dichiarazione universale dei diritti umani.

La nostra Costituzione nei suoi principi fondamentali ci ricorda non solo all’articolo 11 che “l’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, ma anche all’articolo 2 che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”.
Due articoli che, letti insieme, evidenziano ancora una volta quanto i nostri padri e madri costituenti avessero a cuore il tenere sempre vivo l’esito della devastazione della guerra appena vissuta non solo come destino da non ripetersi, ma anche come patrimonio di pensiero innovatore che questa aveva comportato.
Pensiero che ritroviamo nella Dichiarazione universale dei diritti umani, sottoscritta dai paesi aderenti all’ONU neanche un anno dopo l'entrata in vigore della nostra Costituzione.
Nel preambolo proprio la Dichiarazione considera “il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili” quale “fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo”.
Questo pensiero, nato dagli orrori della seconda guerra mondiale - Hiroshima, Nagasaki, i campi di concentramento -, ci dice che siamo un’unica famiglia umana e che del nostro destino comune, tutti quanti, insieme, indistintamente, dobbiamo occuparci, prenderci cura.
Ripartiamo da questo pensiero, riscopriamolo insieme in vista del 10 Dicembre, anniversario della sottoscrizione della Dichiarazione.
Mi avvio a concludere citando una delle frasi più famose di Schuman, padre fondatore dell'Europa, che disse: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano”.
(Ecco) Il Consiglio comunale di Firenze, città operatrice di pace, partecipi sempre a questo sforzo creativo con la consapevolezza che tutti quanti noi siamo chiamati a indirizzare le nostre intelligenze per un progetto di vita comune poiché siamo già coinvolti in ogni conflitto come parte della grande famiglia umana. Questa è l’unica possibilità che abbiamo per vivere, finalmente, insieme.
Per quanto detto, per quanto sta nei nostri cuori e nelle nostre menti, richiamando la pace come condizione essenziale perché la terra di Israele e Palestina continui ad essere patrimonio culturale dell’umanità, oltre che dei credenti cristiniani, ebrei e musulmani di tutto il mondo chiedo un minuto di silenzio del consiglio comunale di Firenze in onore e in ricordo di tutte le vittime del 7 ottobre e di quelle causate in tutti questi anni del conflitto in Medio Oriente”. (s.spa.)

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