Draghi e Cellai (FdI): "Non è cambiando le regole urbanistiche che si risolve il problema della moschea a Firenze"

I consiglieri replicano alle ultime notizie stampa: "Nardella affronti la questione direttamente con la comunità islamica, no a escamotage dagli esiti imprevedibili"

Le ultime notizie stampa riportate da La Repubblica su un prossimo cambiamento delle regole del piano operativo del Comune voluto dalla giunta Nardella per facilitare l'apertura di nuovi luoghi di culto registrano la reazione del gruppo Fratelli d'Italia a Palazzo Vecchio.

"Non è così che si deve affrontare il problema dello sfratto per la moschea in piazza de'Ciompi - dichiarano il capogruppo Alessandro Draghi e il consigliere Jacopo Cellai -. Perché deve essere chiaro a tutti che questa nuova norma inserita nel piano operativo ha un nome chiaro: nuova moschea. Non si tratta certo di una scelta politica generica dedicata a tutte le confessioni religiose. La stessa Giunta ha ricordato di aver siglato durante il periodo pandemico un protocollo d’intesa in cui la comunità islamica si impegnava a presentare proposte di contributo per la localizzazione della moschea per il futuro piano operativo, così come ogni altra comunità religiosa e ogni altro soggetto religioso hanno fatto fino ad oggi per avviare l’iter e manifestare l’interesse, con l'ulteriore impegno dell'amministrazione comunale a prendere in esame anche i contributi della comunità anche laddove fossero arrivati fuori termine. Eppure non è arrivato alcun contributo. Nel frattempo, la comunità ha ricevuto l'avviso di sfratto da piazza de'Ciompi. 
E' certamente apprezzabile, seppure da un altro punto di vista anche piuttosto ­­­­­inquietante, la dichiarazione dell'Imam di Firenze di aver rinunciato a finanziamenti di stati stranieri per la realizzazione della moschea a Sesto per non essere "condizionati", ma la questione del finanziamento non può essere trattata diversamente dalle altre confessioni religiose. Il nodo della questione anche di carattere finanziario è la mancata intesa tra Stato e comunità islamiche, a differenza di moltissime altre confessioni religiose, ma la scelta di non essere giuridicamente riconosciuti come prevede la legge è in capo a loro".

"Nardella - continuano i consiglieri - ha la responsabilità di aver fatto tanti e troppi annunci senza fondamento, basta pensare a quello dell'ex caserma Gonzaga, ma agevolare  l'apertura di una pluralità di sale di preghiera e/o centri islamici non è una risposta accettabile. Ci sono questioni di regole che investono  i rapporti tra Stato e culti ammessi. Il Patto nazione per un Islam italiano siglato nel 2017 dal ministro PD Minniti e le più importanti associazioni e comunità musulmane prevede tra l’altro che vengano resi pubblici nomi e recapiti degli imam, che i predicatori vengano debitamente formati, che i sermoni del venerdì nelle moschee siano svolti in italiano e che si crei la «massima trasparenza» nei finanziamenti ricevuti dall’Italia e dall’estero per la gestione e la costruzione dei centri di preghiera islamici. Partiamo da qui. E quando ci sarà una proposta ne potremo discutere". 

"La libertà di culto deve essere garantita come stabilisce la Costituzione, ma non prendendo per il naso i fiorentini, con una mossa evidentemente dettata dalla disperata ricerca di identità politica da parte di un PD allo sbando" concludono Draghi e Cellai. (fdr)
 

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