“Mi piacerebbe che lo Scoppio del carro, la tradizionale festa fiorentina del giorno di Pasqua, la cui origine viene fatta risalire addirittura all’anno 1000, fosse inserita nella lista del patrimonio immateriale Unesco come segno dell’alto valore storico, culturale e tradizionale di questa cerimonia così partecipata e amata in città”. Lo ha annunciato il sindaco Dario Nardella a pochi giorni dalla ricorrenza.
Ci sono già state interlocuzioni preliminari tra Comune di Firenze e Curia fiorentina sul riconoscimento del valore culturale dello Scoppio del Carro e per avviare un percorso verso riconoscimenti a livello nazionale e internazionale, senza nascondere l'ambizione un riconoscimento nell'ambito della convenzione del patrimonio immateriale dell'Unesco.
“Lo Scoppio del carro - prosegue il sindaco - è una tradizione che pur avendo subito alcuni cambiamenti dovuti allo scorrere del tempo ha mantenuto la propria identità e la propria autenticità. Anche il fatto che sia stata inserita una colombina meccanizzata a innescare l’accensione è un elemento ormai storicizzato e legato alla tradizione. L’evento richiama ogni anno non solo i cittadini ma anche numerosi spettatori e coinvolge un numero ingente di partecipanti, tra cui le autorità comunali, quelle religiose e il Corteo storico della Repubblica fiorentina. La parte folkloristica e di spiritualità popolare sono state mantenute negli anni, per esempio nella preparazione e manutenzione del carro e nelle pietre utilizzate per accendere il ‘sacro fuoco’, commesse alla leggenda di Pazzino de’ Pazzi e attribuite al Sepolcro di Cristo”.
Su questo tema interviene anche Mirco Rufilli, consigliere delegato alla valorizzazione delle tradizioni e della fiorentinità. “Ho seguito l’avvio di questo percorso che credo molto importante per tutta la città - sostiene Rufilli -, perché qualora arrivasse in fondo ci aiuterà a tutelare e promuovere una delle nostre più belle tradizioni cittadine. La valorizzazione della fiorentinità passa prima di tutto dalla tutela, ma soprattutto dal tramandare e raccontare saperi e conoscenze, di generazione in generazione”.
La storia dello Scoppio del carro
Il "Brindellone", il carro "di fuoco" scortato dal Corteo Storico della Repubblica Fiorentina, si muove dal piazzale del Prato, trainato da due paia di bianchi bovi infiorati, e arriva in piazza del Duomo, dove viene collocato nello spazio fra il Battistero e la Cattedrale. Poi, al canto del “Gloria in Excelsis Deo”, viene dato fuoco alla miccia della colombina che va ad incendiare i mortaretti e i fuochi d’artificio sapientemente disposti sul carro.
Lo scoppio del carro è una cerimonia che riveste un significato particolare, soprattutto per i fiorentini, poiché chiama in causa motivi storici e devozionali intimamente connessi all’identità della città. Basta pensare agli auspici tratti per secoli dal volo della Colombina che dall’altare maggiore del Duomo raggiunge il Carro provocandone lo scoppio; dall’andamento di quella corsa si è sempre fantasticato su come si sarebbe presentata nelle campagne l’imminente stagione dei raccolti.
Per non parlare della leggendaria storia del Brindellone: la parola "brindellone" appartiene al gergo fiorentino e definisce una persona alta, ciondolante, magari un po’ malferma e un po’ pezzente, a cui si guarda però con un certa quale affettuosità e con una sostanziale simpatia. Pare che l’origine dell’abbinamento tra questa parola e il carro risalga alla festa celebrata dalla Zecca fiorentina in onore del suo protettore, san Giovanni Battista. Il 24 giugno un carro di fieno partiva dalla torre della Zecca e faceva il giro della città, trainando un uomo vestito di stracci che rappresentava ovviamente il santo eremita e che veniva chiamato "brindellone", anche perché tendeva a ciondolare parecchio, specie dopo aver mangiato e bevuto abbondantemente nel corso del banchetto consumato in piazza. Da allora il termine rimase nell’uso popolare a identificare tutti i carri utilizzati in città per le cerimonie pubbliche.
Questa festa risale ai lontani tempi della prima crociata e, in particolare, al ritorno da Gerusalemme del capitano fiorentino Pazzino dei Pazzi che portò con sé tre scaglie di pietra del Santo Sepolcro. Le tre pietre venivano usate per trarne una scintilla di fuoco "novello" distribuito alle famiglie fiorentine, dopo la benedizione, per riaccendere il focolare domestico. Si diffuse in tal modo a Firenze l'uso di distribuire al clero e al popolo il "fuoco santo" come segno di Resurrezione. Fu la famiglia dei Pazzi infatti, con la costruzione del monumentale "Carro di Fuoco", a gettare le basi dell'odierna cerimonia che, in maniera simbolica, distribuiva il fuoco benedetto a tutta la città. A partire dal diciassettesimo secolo la cerimonia assunse le caratteristiche attuali, con quattro buoi graziosamente agghindati che trainano il Brindellone dalla sede del Prato al Duomo. (edl)