Nardella: “Ricordare significa tenere accese la fiamma della libertà e della civiltà”
“Samb Modou e Diop Mor, secondo l’uomo che li ha uccisi, avevano solo una colpa: il colore della pelle diverso dal suo. Ha sparato per uccidere e seminare terrore. Quell’uomo si è tolto la vita, ma per noi rimane una ferita aperta. In questo caso, gli anni non servono a rimarginarla perché qui parliamo di memoria e di futuro. Io voglio ricordare così Samb Modou e Diop Mor, due ragazzi che in questa città cercavano solo tranquillità e coltivavano la speranza”. Così il sindaco Dario Nardella ha ricordato, nel sesto anniversario della strage di piazza Dalmazia avvenuta il 13 dicembre 2011, i due senegalesi morti per mano di Gianluca Casseri.
Alla cerimonia, che si è svolta intorno alla targa che nella piazza ricorda l’assassinio di Samb Modou e Diop Mor, oltre al sindaco, che ha letto un messaggio del rettore Luigi Dei che non è potuto intervenire alla cerimonia, erano presenti l’assessore al Welfare Sara Funaro, il consigliere comunale Fabrizio Ricci, l’assessore all’istruzione del Comune di Scandicci e presidente dell’Associazione dei senegalesi di Firenze Diye Ndiaye, il presidente del Quartiere 5 Cristiano Balli, l’assessore Cecilia Del Re, alcuni consiglieri comunali tra cui Tommaso Grassi e Serena Perini e a una rappresentanza di consiglieri di Quartiere. Presenti anche l’imam del capoluogo toscano e presidente dell’Ucoii Izzedin Elzir, il rabbino capo della Comunità ebraica di Firenze Amedeo Spagnoletto e la moglie di Samb alla quale il sindaco ha rivolto “un affettuoso benvenuto e un abbraccio sincero della comunità di Firenze”: “Voglio dirti che si è fiorentini se si ama Firenze - le ha detto -. Si è fiorentini se si difende Firenze, senza alcuna differenza di cultura, di razza, di provenienza. Si è fiorentini se si difende il grande valore di libertà della nostra città. Non ci sono altri confini o altre barriere”. “Oggi non è un giorno di tristezza - ha affermato il sindaco - è un giorno di coraggio. È un giorno di forza, nel quale dobbiamo urlare forte, proprio in uno dei momenti più bui della convivenza sociale in Italia, quali sono i veri valori su cui si fonda la dignità dell’uomo”.
“Ricordare significa tenere accese la fiamma della libertà e della civiltà - ha spiegato il sindaco -. Mi costa molto dirlo, ma in un clima di intolleranza, istigazione, violenza e odio, quello che è successo a Firenze il 13 dicembre 2011 può riaccadere in ogni parte d’Italia. Noi dobbiamo dimostrare di aver capito qualcosa da quanto accadde in piazza Dalmazia sei anni fa. Dobbiamo dimostrare che quello che è successo non è accaduto invano perché violenza chiama violenza. Odio chiama odio e non c’è differenza tra violenza e istigazione”. “Istigare significa invitare all’odio e alla violenza - ha spiegato Nardella - e non è così che risolviamo i tanti problemi che abbiamo, tra cui quelli della legalità e della convivenza. Ci sono, ma chi pensa che annientando la vita altrui si possa portare un principio di convivenza non è in buona fede, è un consapevole sfruttatore delle paure e dei timori delle persone”. “Noi tutti, Istituzioni e cittadini, abbiamo un compito difficile - ha proseguito il sindaco -: ovvero portare ovunque questo messaggio di rispetto della vita, di libertà, di apertura. Questo è il messaggio della nostra città, di Firenze, che è stata grande ogni qualvolta è stata una città aperta al mondo”. “Guai a chi prova a confondere il sacrosanto principio della legalità con l’idea che ci siano persone di seria A e di serie B - ha aggiunto Nardella -. Siamo tutti cittadini nella misura in cui amiamo e rispettiamo le nostre comunità e le nostre città. Non ci sono altre differenze e questo fiume carsico, che ormai inizia ad emergere, di razzismo, intolleranza, violenza, che sfrutta la paura e la fragilità delle persone più deboli per alimentare questa guerra sotterranea contro i diversi è un pericolo che va estirpato”. (fp)