Uberto Bini, il ricordo in Consiglio comunale di Stefano Di Puccio (PD)

L'assemblea ha osservato un minuto di silenzio. Il consigliere ed ex calciante: "Ufficializzare la partita dell'assedio ogni 17 febbraio in suo nome"

Questo il testo dell'intervento nel Consiglio comunale odierno del consigliere PD Stefano Di Puccio

"Oggi vorrei ricordare Uberto Bini il fondatore delle Vecchie Glorie del Calcio Storico che ci ha lasciato giovedì scorso, dopo aver combattuto con la malattia che da qualche mese lo aveva aggredito.

Non avrei mai pensato di doverlo fare, qui in Palazzo Vecchio, non io, che ero quasi suo coetaneo, e non oggi, non così presto. Ma che si parli di Uberto in questo luogo è un atto dovuto, perché Uberto lo ha meritato, ne è pienamente degno, ed io mi sento davvero orgoglioso di poterlo fare e vorrei ringraziare il Presidente Pierguidi che mi ha ceduto l’onore di farlo.

Perché è davvero un onore parlare di una persona che ha dimostrato un grande amore per Firenze e per le sue tradizioni, per il gioco che più la rappresenta, il Calcio Storico

Ho conosciuto Uberto una quindicina di anni fa, nel 2003, quando stava scrivendo il suo primo libro sul calcio storico,”Ventisette guerrieri dal cuore d’oro”.

Ci incontrammo nel mio ristorante, non sapevo chi fosse e non era la prima volta che venivo intervistato per raccontare i miei trascorsi di calciante, quindi lo accolsi gentilmente ma deciso a chiudere velocemente la pratica raccontando qualche aneddoto per tornare presto al mio lavoro. Ma il suo viso sorridente e il suo entusiasmo, che in realtà tradivano anche un certo timore nei miei confronti, mi piacquero subito e da lì nacque la nostra amicizia. E così è stato per tutti gli altri calcianti, non lo conosceva quasi nessuno, se non gli amici storici del suo quartiere, Borgo Allegri, ma Uberto aveva avuto un’idea geniale: ci aveva dato la parola. Non più un libro che parlava del Calcio in Costume ma i suoi protagonisti che ne parlavano in prima persona, regalandoci in qualche modo un’immortalità che solo l’inchiostro sulle pagine di un libro può dare.

E di quei libri su di noi Uberto ne scrisse due e il secondo fu ” Ventisette guerrieri con Firenze nel sangue” e ne azzeccò anche i titoli.

Ma anche quello io l’ho capito solo adesso, io non ci vedevo né cuore né amore nella pratica di quel gioco cosi cruento, semmai dell’insano esibizionismo e un bel po’ spirito di competizione, insomma materia da studi antropologici. E invece no, aveva ragione lui, perché tutto quello che Uberto ha dimostrato altro non è che una grande prova di amore, sua ma anche di noi calcianti, amore per Firenze e per la sua storia, le sue tradizioni, e lui questa teoria ce l’ha dimostrata ampiamente.

Uberto era uno spirito libero, parlando con suo figlio io l’ho definito rivoluzionario e la rivoluzione lui l’ha fatta davvero, da solo, caparbiamente, spesso litigando con tutti, ma sapendo dove sarebbe voluto arrivare. E così è stato.

Le partite delle vecchie glorie ormai sono una realtà, ma chi ci credeva allora? Quasi nessuno, Uberto ci credeva fortemente e andò avanti.

E la prima volta circa dieci anni fa in Santa Croce, alla fine ci convinse e ci coinvolse tutti anche chi non poteva davvero più giocare.

Per noi vecchi fu un’occasione di rivivere ancora una volta l’emozione della piazza senza velleità, questa volta davvero per gioco, per il piacere di ritrovarsi e di riprovarci, ancora una volta, quella fu la prima chiave che fece scattare il meccanismo.

Poi ogni anno fino ad oggi, più di quaranta partite non solo a Firenze anche fuori, sempre con il fine di raccogliere fondi per scopi benefici, ed ecco che viene fuori il cuore d’oro dei Calcianti, dedicarsi a gli altri, a chi soffre, la seconda chiave per muovere quegli ingranaggi così complicati

Ecco questo è quello che ha saputo fare Uberto nell’ambiente del Calcio in Costume, un mondo per pochi eletti, dove solo chi gioca e calca la sabbia della piazza ha diritto di parlare. E’ stata questa la vera rivoluzione, è riuscito a far cambiare la mentalità o meglio tirar fuori il meglio da ognuno di quei vecchi che un tempo erano stati omacci grandi grossi e cattivi e che ancora si guardavano in cagnesco, adesso accomunati da un unico scopo: aiutare gli altri.

Lui che non aveva mai giocato che forse non era tifoso di nessun colore ma era innamorato di tutti i colori, di tutti i quartieri del Calcio in Costume e della sua Firenze.

Ecco Uberto è stato questo. Lui uomo libero, non era un intellettuale, aveva fatto la terza media, ma era un grande lettore, un divoratore di libri, più di un migliaio nella sua casa, quindi curioso e desideroso di conoscere e che amava tanto scrivere, una scrittura semplice quasi colloquiale ma efficace.

Umberto da solo, ostinato, forse inconsapevolmente, è riuscito dove nessun altro era arrivato in tanti anni di storia del Calcio Storico, mettere tutti d’accordo per amore. Ecco oggi Uberto Bini penso possa essere riconosciuto un Calciante a tutti gli effetti. Il ventottesimo calciante l’unico che ha potuto giocare per tutti e quattro i colori. Per tutto questo chiederò formalmente che per ricordarlo ogni anno il 17 febbraio, sia ufficializzata la partita della rievocazione dell’assedio del 1530 che Uberto aveva fortemente voluto.

Viva Fiorenza!".

(fdr)

Scroll to top of the page