“Ancora una vertenza in corso che evidenzia le precarie condizioni dei lavoratori, con i diritti ridotti ai minimi termini”
Questa la dichiarazione di Miriam Amato, consigliera di Potere al Popolo
“Bisogna ingoiare il rospo, ci si sente sotto ricatto, se non si accettano tutte le condizioni si viene sostituiti come dei meri numeri. Nessuna certezza, nessuna prospettiva, quando le condizioni sono come quelle emerse per i lavoratori della Vodafone: lettera d'incarico di 30 ore settimanali, con turni, ed un fisso di 450 euro al mese, con qualche minimo margine di variazione.
Mi chiedo è possibile vivere con meno di 500 euro al mese?
Mi unisco a fianco dei lavoratori e condivido con l’USB la necessità di un contratto di lavoro subordinato con il contratto nazionale delle telecomunicazioni.
Vodafone dovrebbe curare gli aspetti inerenti al trattamento economico ed etico nei confronti di questi lavoratori , anche se afferenti ad agenzie esterne.
La politica deve scongiurare lo sfruttamento nel mondo del lavoro che è diventato prassi, in un contesto storico in cui i diritti passano in secondo piano e l’unico principio che conta è quello della libera concorrenza, dimenticando che senza i lavoratori il sistema s’inceppa.
Multinazionali, delocalizzazioni, contrazioni salariali hanno comunque come motore i lavoratori stessi, basta sfruttamento e una volta per tutte la politica deve garantire quanto sancito dalla Costituzione: l’Italia è una Repubblica “fondata sul lavoro”.
Il nesso fra dignità della persona, lavoro, eguaglianza è confermato dal Titolo III che sancisce il diritto per tutti i lavoratori – senza distinzioni di sesso o di età – a una retribuzione pari, proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e sufficiente comunque “ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”; assicura agli inabili il mantenimento, e a tutti i lavoratori il diritto “a mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso d’infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria” (art. 38).
Il lavoro è un diritto ( art. 4) e, se il lavoro non c’è, scatta il diritto previsto dall’art. 38.
Norme importantissime che dovrebbero far riflettere sulla gravità della loro disapplicazione in questi tempi in cui ogni residuo di solidarietà sembra scomparso”. (s.spa.)