Donata Bianchi (Presidente Commissione Pari Opportunità): “Crisi economica determinata dal COVID-19 e impatto sull’occupazione femminile a Firenze”

“Lo shock che stiamo vivendo colpisce in maniera diversa persone e famiglie che hanno una differente capacità di proteggersi. Le diseguaglianze di genere, sociali, culturali e generazionali di partenza finiranno per essere un amplificatore degli effetti negativi dell'emergenza sanitaria che ha colpito le nostre comunità. Vediamo i dati di partenza: il tasso di occupazione delle donne in Italia, a gennaio 2020, era del 50 per cento. Quello degli uomini il 68,1%. Da vergognarsi – sottolinea la presidente della Commissione Pari opportunità, pace, diritti umani, relazioni internazionali, immigrazione Donata Bianchi – se confrontato con quello dei partner europei. Inoltre, secondo i più recenti dati Istat, le caratteristiche del lavoro femminile rimangono “precarietà, minore accesso alle figure apicali, crescita del part-time involontario e della sovra-istruzione”. Quasi il 50% delle donne ha un contratto debole, a tempo determinato, a chiamata, a part-time è  un terzo delle occupate, quest'ultimo un tipo di contratto che interessa il 32,8% delle occupate contro  l’8,7% degli uomini, e spesso è “part-time imposto” dall’azienda, nonostante le donne possano e vogliano lavorare di più.

E i salari? Nel 2017, i redditi complessivi guadagnati dalle donne erano in media del 25% inferiori a quelli degli uomini (15.373 euro rispetto a 20.453 euro).

Questo nel pre – Covid. Cosa resterà dopo?

Secondo i dati diffusi da Linda Laura Sabbadini i 2/3 delle donne, pari a 6 milioni 440 mila lavoratrici su 9 milioni 872 mila, hanno continuato a prestare la propria opera nell’emergenza nei servizi sanitari, l’istruzione, i servizi di supporto e ausiliari, la vendita di alimentari. Nel contempo è aumentato il carico di lavoro femminile, perché esse hanno dovuto seguire, spesso da sole sebbene coniugate, i figli impegnati nella DAD, il lavoro domestico e i genitori anziani.

E i primi segnali di crisi sono evidentemente segnati dal genere anche se le donne sono occupate in maggior proporzione in settori per i quali non sono state in vigore restrizioni. Tra i 29.000 occupati in meno nel mese di marzo rispetto a gennaio (ma ben 121.000 in meno di marzo 2019) le donne sono i due terzi.

Come osserva qualcuno, le aziende cominciano ad alleggerirsi della forza lavoro meno essenziale: basse professionalità, part time, tempi determinati. E chi li occupa spesso sono donne e giovani. La Toscana, rispetto alla media italiana, ha alti tassi di partecipazione femminile nel mercato del lavoro  pari circa il 60% delle donne in età lavorativa, oltre 10 punti in più della media nazionale (49,5). Tuttavia, la presenza femminile è significativa soprattutto nel terziario: nel commercio e nel turismo dove addirittura è maggiore di quella degli uomini. Ma questi sono settori drammaticamente colpiti dalla crisi. A Firenze in particolare.

La situazione non migliora sul fronte delle cooperative della cultura e dello sport, perché sono settori immobili nei quali le donne rappresentano più del 50%. È importante anche la componente femminile nel settore florovivaistico – ricorda la presidente della Commissione Pari Opportunità Donata Bianchi – anche questo fortemente colpito dall’emergenza.

Sono quindi tanti i settori in crisi nei quali le donne avevano trovato un'occupazione, che però molto spesso è invisibile, non tracciata e quindi priva di ammortizzatori sociali.

La vulnerabilità femminile non è però tutta uguale, tra le più fragili ci sono le donne straniere, in gran parte occupate come collaboratrici domestiche, badanti e babysitter, in questi mesi talvolta messe alla porta, privandole quindi di una casa, di risorse economiche e costrette a condizioni contrattuali che difficilmente hanno dato accesso a misure di sostegno al reddito.

Lavoro per produrre reddito: come segnalato da un recente rapporto di Irpet “l’effetto del lockdown sulla distribuzione dei redditi disponibili familiari è un altro aspetto da considerare perché i processi in atto tendono ad ampliare le disuguaglianze”. Il 56% della parte più povera delle famiglie povere non è in grado di  far fronte, con risorse proprie, a spese impreviste  anche di un ammontare approssimativo di 800 euro. Col lockdown  a quanto avranno ammontato le risorse necessarie ad una famiglia di quattro persone con adulti entrambi privati di un reddito?

Sempre l’Irpet porta alla luce un'altra diseguaglianza, quella fra generazioni “anche in questo caso, la capacità di rispondere ad uno shock negativo da parte delle famiglie cambia molto: circa il 50% delle famiglie in cui il capofamiglia ha meno di 38 anni dichiara di aver difficoltà a coprire una spesa imprevista di 800 euro. Questa percentuale è molto più bassa per le altre coorti d’età”.

Le famiglie più giovani stanno pagando costi elevati, tra i più elevati “la differenza più sostanziale riguarda l’aspetto generazionale, con le famiglie più giovani colpite con un’intensità doppia rispetto alle famiglie più anziane”. 

Nel lockdown le donne hanno pagato un prezzo alto anche in termini di sicurezza personale. La rete Di.re ha comunicato che se in una prima fase le richieste di aiuto ai centri antiviolenza si erano addirittura azzerate, nelle ultime quattro settimane le donne che si sono rivolte ai centri durante il lockdown sono il 74% in più rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

Autonomia economica e liberazione delle donne dalla violenza domestica sono due componenti fondamentali di democrazia, di civiltà e di sviluppo. Una società meno violenta e paritaria si tradurrebbe in media in 31 punti percentuali in più di Pil mondiale entro il 2025 secondo le stime di Bank of America Merrill Lynch Global Research, “Ventotto trilioni di dollari. Vale a dire la ricchezza di Cina e Stati Uniti messi insieme”.

Affrontare la crisi e preparare la ripartenza deve quindi tenere presenti le diseguaglianze di origine e anche l'amministrazione comunale deve fare la sua parte con un'attenzione specifica alle donne e ai giovani. Ed è fondamentale che  le donne siano presenti con la loro competenza e autorevolezza  nei luoghi delle decisioni.

Serve, infine, un nuovo Patto per il lavoro che valorizzi gli apprendimenti di questi mesi per offrire risposte eque, quindi differenti, e sostenibili ai soggetti su cui graveranno le conseguenze più dure, adesso e nel lungo periodo, perché sui giovani – conclude la presidente della Commissione Pari Opportunità Donata Bianchi – graverà inevitabilmente il peso dell'indebitamento che, oggi, il nostro Paese è costretto a fare”. (s.spa.)

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